ELEONORA PODDA. LOGOPEDIA: IL FUTURO PASSA DA QUI

Le problematiche dell’apprendimento non comportano assolutamente un’incapacità di imparare! Chi ha cura dell’autonomia anche comunicativa del proprio bambino è di certo un genitore attento, molto presente e lungimirante poiché il futuro dell’apprendimento, della socialità e della sicurezza in se stessi dipende moltissimo dal linguaggio. Cerchiamo quindi di sapere di più sulla logopedia per bambini, approfondendo metodi e benefici, con l’aiuto della Dott.ssa Eleonora Giulia Podda, logopedista ed applicatrice del Metodo Feuerstein a cui abbiamo chiesto di raccontarci qualcosa di lei, di come ha deciso di diventare Logopedista e la sua esperienza lavorativa fino ad oggi:

… “la passione per la comunicazione, la voce e le abilità comunicativo-relazionali fanno parte di me da quando ho memoria; sono sempre stata una gran chiacchierona, interessata al mondo della parola parlata e scritta, e da sempre considero la possibilità di esprimersi e raccontarsi come uno dei più grandi tesori dell’esperienza umana.
Crescendo con tre sorelle decisamente più piccole di me, mi sono inoltre sempre trovata a mio agio con i bambini e credo di avere sviluppato più in generale una certa attitudine all’attenzione ai bisogni dell’altro, un desiderio di supportare ed aiutare le persone e un forte senso di responsabilità.
Tutto questo, con gli anni, ha trovato il suo naturale sbocco nella professione di logopedista.
Dopo il periodo di formazione universitaria, ho iniziato subito a lavorare presso la Cooperativa Imparole di Cernusco sul Naviglio, in cui mi trovo ormai da 7 anni e che mi ha dato l’opportunità di conoscere e formarmi al metodo di potenziamento cognitivo Feuerstein.
In questi anni ho potuto mettere in pratica le mie competenze professionali con utenti di tutte le età, da bambini di due anni fino ad anziani di 95, sia in setting terapeutici più classici che in avventure di mediazione come Campus estivi e trattamenti intensivi, affrontando al loro fianco molte tipologie di fragilità.
In particolare svolgo principalmente valutazioni e trattamenti logopedici con bambini nella fascia di età tra i 3 e i 15 anni con difficoltà comunicativo-linguistiche, fragilità cognitiva e difficoltà scolastiche”

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1. Chi è il logopedista? Di cosa si occupa?
Il logopedista è il professionista sanitario che si occupa di valutazione e trattamento di qualsiasi difficoltà legata alla comunicazione, al linguaggio, alla voce ed alla deglutizione. Opera in stretta sinergia con le varie equipe legate alla presa in carico di utenza che va dalla primissima infanzia fino all’età geriatrica.
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2. Come funziona la logopedia?
A seguito di una valutazione mirata ad evidenziare criticità ma soprattutto punti di forza personali dai quali partire, il logopedista elabora un percorso terapeutico ad hoc, volto a superare le fragilità tramite tecniche ed approcci abilitativi, riabilitativi e individuazione di strategie, strumenti e modalità comunicative efficaci e funzionali.
Durante il percorso è possibile strutturare rivalutazioni periodiche che indirizzino al meglio il prosieguo del trattamento, aggiornando gli obiettivi raggiunti e facilitandone la generalizzazione nel contesto di vita di tutti i giorni dell’utente.
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3. Quali sono i vantaggi della logopedia?
L’intervento logopedico è sicuramente un sostegno molto valido per supportare lo sviluppo di competenze comunicativo-linguistiche che altrimenti risulterebbero fortemente compromesse o con uno sviluppo tardivo, (aspetto tipico di una certa percentuale dei bambini con sindrome di Jacobs 47,XYY – NdR), che potrebbe generare a cascata ulteriori difficoltà relazionali e scolastiche. L’approccio e la metodologia scelta dal terapista verrà proposta all’utente in sedute strutturate che possono prevedere anche l’impiego di momenti ludici ed attività di tutti i giorni, per favorire uno sviluppo ecologico delle competenze e sostenerle al di fuori della stanza di terapia.
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4. Come avviene normalmente lo sviluppo del linguaggio del bambino?
E’ sicuramente fondamentale porre come premessa che lo sviluppo del linguaggio è un processo complesso, caratterizzato da forti variabilità interindividuali, poiché ogni bambino ha uno sviluppo del linguaggio caratterizzato da tempi e modalità peculiari. Esistono però delle principali “tappe” del suo sviluppo, che hanno tempistiche comuni e oltre le quali si può cominciare a considerare la mancata acquisizione come campanello d’allarme per un possibile disturbo del linguaggio e della comunicazione.
Innanzitutto, le abilità linguistico comunicative si sviluppano partendo da dei prerequisiti non strettamente legati alla produzione di suoni verbali in sè, ma correlati agli aspetti motori, uditivi, socio-relazionali ed emotivi della comunicazione, come ad esempio le abilità di identificazione e discriminazione dei suoni, le capacità di attenzione condivisa, di focalizzazione, le capacità motorie ed in generale le abiltà emotive ed affettive.
Parlando di tappe evolutive in senso stretto, è opportuno ricordare che quelli che universalmente sono noti come prime forme comunicative nel bambino sono il pianto ed il sorriso, mediante i quali il bambino esprime benessere e necessità e che vengono letti dall’adulto per porvi rimedio.
Tra i 3 e i 6 mesi poi il bambino inizierà a seguire con lo sguardo oggetti e movimenti, a osservare il viso degli adulti, imparerà il sorriso sociale e comincerà a produrre i primi vocalizzi, che evolveranno poi nei mesi successivi in lallazione canonica (ripetizione delle stesse sillabe, come na-na-na, ma-ma,ba-ba-ba) e poi in lallazione variata, verso i 10 mesi.
Queste prime capacità sono importanti predittori del successivo sviluppo linguistico.
Parallelamente, il bambino inizierà ad utilizzare il gesto per indicare, richiedere o mostrare qualcosa all’adulto, per poi sviluppare piccoli gesti sociali come il ciao.
Inizierà inoltre la comprensione di prime paroline e il conseguente ampliamento del vocabolario in entrata.
Verso i 12 mesi e oltre inizierà anche ad usare gesti rappresentativi e successivamente cominceranno a comparire le prime parole, legate a routines e contesto famigliare, cominciando piano piano a diminuire l’utilizzo dei gesti, sostituendoli con le parole o accompagnandoli ad esse.
Nello stesso periodo si inizierà ad apprezzare la comprensione di ordini semplici e contestuali, e piccole frasi.
Verso i 18 mesi il vocabolario dovrebbe constare di circa 50 parole in produzione, numero che poi andrà a crescere nei mesi successivi nella cosiddetta esplosione del vocabolario, che dovrebbe constare di circa 180-200 parole intorno al compimento dei due anni. In questi mesi, il bambino comincia a richiedere oggetti o comunicare con la parola-frase, per poi ampliare la struttura frasale fino a sviluppare un linguaggio telegrafico.
Tra l’anno e mezzo e i due anni di vita, con il progressivo ampliamento del vocabolario, il bambino inizierà a creare frasi combinatorie di due elementi, fino ad arrivare a frasi più complesse e complete di articoli e preposizioni intorno ai tre anni.
L’inventario fonetico, ovvero la capacità di produrre i suoni articolatori della lingua parlata, viene ampliato progressivamente fino anche i sei anni di età.
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5. Quali sono i consigli che può dare ad un genitore con bambini piccoli per favorire un corretto sviluppo del linguaggio?
Innanzitutto, il consiglio primario che mi viene spontaneo dare è quello di creare un ambiente sereno e donare al proprio bambino molte occasioni ecologiche (intese come spontanee e naturali) per favorire lo sviluppo dei primi prerequisiti allo sviluppo del linguaggio.
Guardare il bambino negli occhi, imitare i suoi primi suoni, giocare con questi in modo spontaneo è un rinforzo dei primi tentativi del proprio bambino. Usare una voce giocosa, divertirsi con lui, indicare e denominare ciò che avviene o lo circonda, lo invoglierà ad avviare brevi cicli di vocalizzazioni, imitazioni vocaliche, ad osservare quello che gli accade intorno e interagire con l’ambiente esterno da sé. Con l’accrescersi dei tentativi di comunicazione, che sia verbale o gestuale, e l’accrescersi delle competenze del bambino, sarà poi utile proseguire a stimolarlo con tecniche come il soliloquio mediato, durante il quale l’adulto propone i modelli verbali delle etichette degli oggetti, racconta ciò che avviene, ascolta le produzioni del bambino e modula la propria voce come in una conversazione. L’importante è sicuramente mantenere un atteggiamento positivo e divertito, senza pretendere ripetizioni di parole con un modello eccessivamente complesso, premiando e accogliendo positivamente i tentativi di comunicazione del bambino senza ansia da prestazione.
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6. Quando dovrebbe essere visitato un bimbo dal logopedista?
Naturalmente la risposta varia a seconda delle fragilità particolari che si possono riscontrare. Vi sono però dei piccoli campanelli d’allarme rispetto lo sviluppo del linguaggio che sarebbe meglio sottoporre all’attenzione del logopedista, come ad esempio se il bimbo non avvia la lallazione, oppure non pare ricevere ne rispondere a sollecitazioni verbali, oppure non sviluppa un vocabolario di circa 50 parole in produzione dopo i 24 mesi.
Un consulto logopedico precoce può fare la differenza nell’acquisizione di tappe di sviluppo linguistico in norma con l’età cronologica del bambino.
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7. In cosa consiste una valutazione logopedica?
A seconda della richiesta, dell’età e del quesito diagnostico posto, la valutazione logopedica può essere svolta come osservazione del gioco e dell’interazione tra bambino e genitori (soprattutto con bambini sotto i 3 anni di età), come osservazione durante momenti di gioco libero o semistrutturato bambino-terapista, oppure avere una maggiore strutturazione con lavori e giochi a tavolino o test specifici che necessitano di una maggiore collaborazione da parte dell’utente. Tendenzialmente la valutazione viene svolta in un paio di incontri, in modo da poter osservare le varie competenze linguistiche e comunicative.
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8. Solitamente un percorso logopedico quanto dura e com’è strutturato? In cosa consiste e quanto è importante l’esercizio a casa?
A seconda della severità delle fragilità riscontrate e dell’adesione da parte del bambino e della famiglia alle proposte terapeutiche, un intervento logopedico che miri a generare miglioramenti significativi e generalizzabili può durare da alcuni mesi (tendenzialmente si propone una rivalutazione a sei mesi dal trattamento) ad anni, durante i quali è sempre opportuno rivalutare i progressi ottenuti o valutare eventuali modifiche al piano terapeutico o alla metodologia proposta. Durante un percorso logopedico vengono impostati e condivisi con famiglia e ambiente di vita del bambino gli obiettivi, le metodologie e gli strumenti abilitativi e riabilitativi più efficaci per raggiungerli, ed è assolutamente fondamentale che si attivi una rete tra i vari professionisti coinvolti nell’intervento terapeutico, gli insegnanti ed i genitori perché la proposta riabilitativa non si fermi alla sola stanza di terapia ma possa generare effetti concreti e consistenti anche nella vita quotidiana del bambino.
E’ importante altresì ricordare che i genitori non sono i terapisti del bambino, hanno un ruolo differente e che la proposta di rinforzare le abilità in via di acquisizione anche a casa, mira ad aumentare le possibilità di generalizzazione e a fare sì che questi arrivino più velocemente.
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9. Quali sono i risultati che ci si può aspettare dalla logopedia?
La terapia logopedica mira a potenziare e sostenere lo sviluppo di abilità comunicative che siano adeguate e funzionali ad ognuno degli utenti che la affrontano.
L’esito di una terapia ha moltissime variabili, come già detto in precedenza, ma sicuramente l’obiettivo del logopedista è quello di poter offrire ai propri utenti la possibilità di comunicare e comprendere, con qualsiasi tipo di canale e supporto comunicativo, funzioni per l’utente stesso. I risultati possono essere quelli di un’acquisizione di abilità linguistiche in linea con la norma, oppure di acquisizione di capacità comunicative e linguistiche alternative, parziali o totali, che possano essere funzionali alla vita quotidiana degli utenti.
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10. Quanto è importante la progressiva introduzione a scopo comunicativo di movimenti orofacciali, nell’acquisizione del linguaggio?
Sicuramente una buona precisione e coordinazione dei movimenti delle strutture orofacciali, deputate alla produzione dell’articolazione del linguaggio, sono requisiti molto importanti per l’acquisizione delle competenze fonoarticolatorie del linguaggio verbale. Recentemente si è notato che il solo lavoro sulle cosiddette prassie non articolatorie, ovvero movimenti delle strutture muscolari della bocca e della lingua che non portano a produzione di suoni (come ad esempio esercizi di sola apertura e chiusura della bocca, o giochi di imitazione di boccacce) non siano da soli sufficienti a migliorare le abilità più complesse legate all’articolazione di parole e frasi, che necessitano di programmazione di molti gesti articolatori in sequenza e in parallelo. Appare preferibile rinforzare tali movimenti introducendo anche aspetti articolatori, parallelamente al rinforzo attivo e passivo della muscolatura oro-facciale con metodi particolari come la oral motor therapy o l’utilizzo di strumenti vibratori.
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11. Nelle varianti più rare della sindrome di Klinefelter è possibile che anche i movimenti oro-facciali vengano sviluppati in ritardo? Cosa implica questo aspetto per la comunicazione?
Nelle varianti più rare della sindrome di Klinefelter non è infrequente riscontrare difficoltà di coordinazione e di programmazione del movimento delle strutture oro-facciali, che di conseguenza spesso esitano in ipotonia della muscolatura o asimmetria della stessa.
Una ridotta ampiezza di movimenti del distretto bucco-linguale può conseguentemente avere ricadute sulle abilità articolatorie, ma anche su aspetti legati alla deglutizione di cibo o al controllo della saliva.
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12. Pensiamo ad un bambino con un disturbo specifico di linguaggio semantico-lessicale (difficoltà nel comprendere come e cosa esprimono le parole) come possiamo intervenire?
Esistono diversi approcci e strumenti validi per i nostri ragazzi con disturbo semantico – lessicale. Appare sempre opportuno rinforzare le abilità in ingresso, ovvero aiutare i ragazzi a comprendere ciò che viene loro detto, mediante esercizi e lavori di categorizzazione, potenziamento lessicale con una impronta cognitiva, attività di gioco condiviso durante le quali mettere in atto racconti bilanciati. Può essere utilissimo anche l’utilizzo di un supporto visivo all’apprendimento delle parole nuove, che sia un vero e proprio intervento di creazione di un libretto in comunicazione aumentativa o l’uso di flash cards che rappresentino l’immagine della parola bersaglio.
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13. Quali caratteristiche possono indurre un genitore a comprendere se un bimbo presenta disprassia verbale e motoria ?
La disprassia verbale ha diverse caratteristiche peculiari, tra cui sicuramente spiccano una difficoltà nella pronuncia delle vocali, che tendenzialmente risultano i suoni meno complessi da produrre nello sviluppo del linguaggio, difficoltà e vari tentativi errati per produrre la stessa parola ed anche una forte inconsistenza nella produzione di un suono, che non viene ripetuto sempre allo stesso modo ma in alcune posizioni e parole è prodotto in un modo, in altre in modo differente. Queste caratteristiche spesso portano il bambino con disprassia verbale a proporsi meno come parlatore attivo, rinunciando ad occasioni di scambio verbale o parlando con messaggi brevi e concisi.
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14. In cosa consistono la disprassia verbale e quella motoria? In cosa sono connesse tra loro?
Con il termine disprassia vengono indicati disturbi del Sistema Nervoso Centrale caratterizzato dalla difficoltà nella programmazione del movimento.
Nel caso specifico della DVE (Disprassia Verbale Evolutiva) questa fragilità riguarda la pianificazione, coordinazione ed esecuzione dei movimenti necessari alla produzione dei suoni, delle sillabe e delle parole e della loro organizzazione sequenziale.
La disprassia motoria rientra nel disturbo dello sviluppo della coordinazione motoria, caratterizzata da disturbi di incoordinazione motoria e problemi percettivi che può comportare difficoltà nella gestione dei movimenti comunemente utilizzati nella vita di tutti i giorni. Non obbligatoriamente disprassia verbale e motoria si presentano insieme o con la stessa gravità, ma non è infrequente una compresenza di queste due espressioni di fragilità di coordinazione del movimento.
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15. In alcuni casi è consigliabile associare l’intervento logopedico alla psicomotricità?
L’intervento logopedico integrato a quello psicomotorio può rappresentare un valido supporto nel potenziare le abilità motorie carenti, ma anche nel rinforzare il sentimento di competenza e l’aspetto emotivo-relazionale, spesso minato dalle fragilità e dal vissuto di frustrazione dei bimbi con disprassia.
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16. Se non affrontati, i disturbi del linguaggio, che conseguenze possono portare al bambino?
Un disturbo del linguaggio non trattato, oltre che causare potenziali frustrazioni (tipiche di una certa percentuale di bambini con sindrome di Jacobs 47,XYY – NdR) e minori occasioni di sperimentarsi come parlatore “competente” per il bambino, possono portare a successive difficoltà negli apprendimenti scolastici, non solo in termini di capacità espositiva e discorsiva, ma anche nello sviluppo di adeguate competenze di letto scrittura. Non vi è un legame necessario, ma pregresse difficoltà di linguaggio si riscontrano frequentemente in bambini e ragazzi con difficoltà di apprendimento.
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17. La tele-logopedia può essere considerata uno strumento, una modalità diversa per offrire ai pazienti la stessa qualità di cura?
Il periodo pandemico ha portato a un implemento di strumenti riabilitativi telematici, portando a una maggiore qualità nelle proposte teleriabilitative. E’ indubbio che la proposta di tele-logopedia non sia universale, ma vada valutata con attenzione per ogni caso specifico. Nella mia esperienza, anche al ritorno della possibilità di terapia in sede, molte famiglie con ragazzi di età scolare hanno preferito proseguire con la teleriabilitazione, vedendone i risultati e anche l’interesse dei ragazzi.
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18. L’accesso ai trattamenti è possibile in regime di accreditamento con il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) ? In quali casi e come ottenerlo?
Esistono molti ambulatori pubblici e strutture ospedaliere o private convenzionate nelle quali è possibile svolgere la terapia logopedica tramite il servizio sanitario nazionale. Per accedervi è necessaria la prescrizione medica, ottenuta la quale occorre contattare i centri specializzati (Uonpia, servizi territoriali) e inserirsi nella lista d’attesa. Purtroppo, queste liste sono spesso molto lunghe a causa delle numerose richieste e non sempre le strutture pubbliche riescono a erogare prestazioni riabilitative, ma solo valutazioni e diagnostica.

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Intervista gentilmente rilasciata dalla Dott.ssa Eleonora Giulia PoddaLogopedista al Gruppo SVITATI 47

questa immagine contiene 27 piccoli quadretti con le foto e i nomi dei dipendenti di "IMPAROLE"

Imparole è un Centro per l’Infanzia e la Famiglia che si occupa di diagnosi e trattamento dei disturbi dell’apprendimento e del linguaggio, dei ritardi psicomotori e delle disabilità intellettive, dei disturbi dello spettro autistico, dell’attenzione (con o senza iperattività – ADHD) e dei disagi psicologici ed emotivi. Siamo un Centro accreditato all’attività di prima certificazione diagnostica e rinnovo, validi ai fini scolastici per i DSA, secondo quanto previsto dalla legge n. 170/2010.

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