LA SINDROME DI KLINEFELTER SPIEGATA DAGLI ESPERTI

Frequentando con assiduità i congressi e i seminari dedicati alla sindrome di Klinefelter, noi del Gruppo SVITATI47 abbiamo ricevuto informazioni che desideriamo condividere con tutte le persone che vogliono saperne di più.

Nonostante sia tutt’altro che rara, (in Italia nasce 1 bimbo ogni 500 maschi) questa sindrome è ancora ampiamente sotto diagnosticata. Non tutte le persone (circa 60.000) con sindrome di Klinefelter hanno avuto la diagnosi: si stima, infatti, che solo il 25-30% di esse sappia di avere questa sindrome. Anche per questo motivo la sindrome di Klinefelter benché sia molto studiata in ambito medico, da specialisti e ricercatori, sia in ambito nazionale che internazionale, è pressocchè sconosciuta alla popolazione in generale e ogni diagnosi suscita spesso reazioni drammatiche e a volte eccessivamente allarmistiche.
Con i nuovi LEA del 2017 (Livelli Essenziali di Assistenza), la sindrome di Klinefelter non fa più parte delle malattie rare ma di quelle definite croniche e invalidanti. Il codice di esenzione 066 permette di accedere gratuitamente sia ai farmaci specifici che a tutti i servizi necessari erogati dal SSN.

Noi del Gruppo SVITATI47 siamo spesso contattati da coppie in corso di gravidanza con diagnosi prenatale o da adulti appena diagnosticati, in cerca di notizie certe e attendibili.
Per questo motivo abbiamo deciso di pubblicare, in versione integrale, un testo informativo sulla sindrome di Klinefelter scritto dal gruppo degli specialisti del Centro multidisciplinare per la sindrome di Klinefelter, dell’Ospedale Maggiore-Policlinico di Milano a cui siamo grati per il loro impegno.

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SINDROME DI KLINEFELTER: CARATTERISTICHE CLINICHE E ASSISTENZA PERSONALIZZATA

La sindrome di Klinefelter (KS) è determinata da un cromosoma X soprannumerario nel patrimonio genetico di un soggetto di sesso maschile.

È la più comune causa di ipogonadismo, condizione clinica in cui viene prodotta una quantità insufficiente di testosterone. È descritta in un uomo ogni circa 650. L’alterazione cromosomica di regola è presente in tutte le cellule dell’organismo, oppure, meno frequentemente, solo in una percentuale (mosaicismo).

QUAL’ È LA CAUSA ?

L’anomalia cromosomica è dovuta a un errore naturale, non ereditario che si realizza durante la maturazione dell’ovocita o dello spermatozoo (meiosi). La meiosi è il processo che porta il numero di cromosomi delle cellule germinali da 46 a 23. Se la coppia di cromosomi XX materni o XY paterni non si disgiunge, l’embrione riceverà due cromosomi X, in aggiunta al cromosoma Y portato dallo spermatozoo. Si determinerà quindi un concepimento maschile con una X soprannumeraria. Da qui il numero totale di 47 cromosomi. Molto più raramente, al concepimento sono presenti due o più cromosomi X soprannumerari (48,XXXY; 48,XXYY; 49,XXXXY) con conseguenze cliniche più rilevanti, che non hanno relazione con il quadro 47,XXY.

L’errore della meiosi non è correlato a comportamenti nello stile di vita della madre o del padre o stili di vita particolari, ma la sua incidenza ha una certa correlazione con l’età materna avanzata.

COME SI RICONOSCE?
Segni, sintomi e trattamenti

Le manifestazioni cliniche differiscono a seconda dell’assetto del cariotipo e dell’età del paziente, oltre alle normali variazioni interindividuali. Di solito, in caso di mosaicismo, i sintomi sono meno importanti.

Epoca prenatale
Con una frequenza crescente, la diagnosi di questa anomalia cromosomica si realizza durante la gravidanza a seguito della richiesta della coppia di genitori di analisi prenatali. L’identificazione può essere ottenuta attraverso le procedure invasive (prelievo dei villi coriali o amniocentesi) con esecuzione del cariotipo tradizionale oppure sospettata con il test del DNA fetale circolante (NIPT test prenatale non invasivo), che è solo un test di screening non diagnostico. In questo caso è molto importante discutere con la coppia l’esecuzione di una procedura invasiva per controllare il cariotipo fetale, sia per la possibilità di falso positivo (anomalia presente solo nella placenta e non nel feto) o di discrepanza tra il sospetto del NIPT e la reale costituzione cromosomica fetale, che potrebbe non essere 47,XXY. La diagnosi citogenetica è di regola inaspettata e, in quanto tale, suscita sempre forte preoccupazione. Richiede una presa in carico immediata da parte di un’equipe multidisciplinare (genetista clinico, psicologo clinico, ginecologo, endocrinologo) per garantire alla donna/coppia le informazioni corrette ed il sostegno necessario per affrontare la fase decisionale dopo diagnosi genetica del fetale.
Dopo la nascita deve essere programmata la ripetizione del cariotipo fetale per poter disporre di un’indagine citogenetica anagraficamente corrispondente al bambino.
In assenza della diagnosi prenatale, la sindrome viene sospettata e diagnosticata solo nel 30% dei casi e in particolare solo nel 10% dei bambini prima della pubertà.

Età pediatrica
Nel caso in cui non vi sia stata una diagnosi prenatale, in età pediatrica il riconoscimento è sicuramente più difficile poiché i segni e i sintomi della sindrome sono ancora poco specifici. In particolare il bambino non ha caratteristiche particolari del volto o disturbi della crescita. In una percentuale di casi è possibile osservare un ritardo nell’acquisizione delle prime tappe dello sviluppo motorio (ipotonia), mentre è di più comune riscontro un ritardo nell’acquisizione dei principali stadi dello sviluppo del linguaggio con una ridotta abilità linguistica ma buona comunicazione non verbale (almeno 50% dei bambini). In questi casi, è raccomandato un contatto con il servizio di neuropsichiatria infantile, concordato con il pediatra curante, per una valutazione completa delle abilità del bambino e dei bisogni dei genitori. Alcuni Centri hanno strutturato percorsi specifici di sorveglianza delle tappe di sviluppo nei primi tre anni di vita e sorveglianza fino all’età scolare.

Adolescenza – comunicazione della diagnosi al ragazzo
Durante l’adolescenza, i segni e i sintomi della sindrome di Klinefelter diventano più manifesti. In particolare, in occasione del monitoraggio dell’andamento dello sviluppo puberale, il pediatra deve porre particolare attenzione alle modifiche del volume testicolare. In presenza di un sospetto clinico, è importante l’invio al Centro di riferimento per valutare l’esecuzione del cariotipo.
Per i ragazzi con diagnosi nota o non ancora conosciuta, in questo delicato e complesso periodo di crescita fisica e psicologica, possono manifestarsi difficoltà comportamentali o di relazione. Per questo motivo è opportuno discutere con il medico curante un nuovo contatto con il servizio di neuropsichiatria infantile che ha eventualmente già valutato il bambino nei primi anni.
In questo contesto deve essere condiviso il percorso di comunicazione al ragazzo da parte dei genitori. E’ fondamentale il raccordo con l’equipe del Centro di riferimento, specificatamente l’endocrinologo pediatra per i dosaggi ormonali pre-puberali in vista dell’impostazione dell’eventuale terapia con testosterone. In questo ambito avverrà anche per la valutazione della procedura di conservazione degli spermatozoi che deve essere discussa e valutata alla luce dei dati scientifici disponibili.

Età adulta
In età adulta, sebbene i segni e i sintomi siano sempre più evidenti, può ancora accadere che la sindrome di Klinefelter non venga riconosciuta.
È fondamentale quindi ricercare i segni e i sintomi specifici ed inviare successivamente il soggetto ad un Centro di riferimento per una presa in carico multidisciplinare.
Dal punto di vista clinico, le due caratteristiche principali dell’età adulta sono l’ipogonadismo ipergonadotropo e l’infertilità (azoospermia). I livelli di testosterone risultano inferiori alla norma nel 65-85% dei casi e lo specialista endocrinologo dovrà valutare come e quando prescrivere la terapia sostitutiva.
Inoltre, dovrà monitorare le possibili comorbidità associate alla sindrome (metaboliche, cardiovascolari, ossee, neoplastiche, autoimmuni). Altri segni e sintomi che possono associarsi in maniera variabile in età adulta sono: aver raggiunto una statura relativamente alta, adiposità addominale (soprattutto nei casi di poco esercizio fisico e di introito calorico superiore al necessario), ginecomastia (solo nel 10% dei casi), osteoporosi. Nell’ambito della valutazione della fertilità, è prevista la consulenza andrologica e la consulenza genetica. Importante, se necessario, la disponibilità di un supporto psicologico.

RACCOMANDAZIONI

Coloro che hanno ricevuto la diagnosi di sindrome di Klinefelter, a prescindere dall’entità dei segni che si sono manifestati, è bene che aderiscano ad un percorso assistenziale che preveda un approccio multidisciplinare. Risulta pertanto fondamentale che il medico di medicina generale sappia indirizzare tempestivamente il paziente ad un Centro di riferimento affinché l’equipe approfondisca i vari aspetti per giungere ad una assistenza personalizzata programmando i relativi interventi.

Nello specifico, l’invio al Centro di riferimento garantisce:

cure mediche specialistiche e un percorso protetto all’interno di un’équipe multidisciplinare
• supporto nella comunicazione della diagnosi nella fase pre-puberale o nell’adolescenza.
• supporto psicologico: l’intervento psicologico rappresenta una risorsa fondamentale nel sostenere le coppie nel periodo prenatale, il soggetto in età pediatrica e adulta, la sua famiglia, sin dalle prime indagini diagnostiche.
• emissione dell’esenzione per “patologia cronica” (COD. 066) secondo i nuovi LEA
• contatto con le Associazioni e Gruppi che operano sul territorio nazionale.

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Testo a cura degli specialisti del Centro multidisciplinare per la sindrome di Klinefelter, dell’Ospedale Maggiore-Policlinico di Milano.

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